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Data: 19/06/2013

Secondo lei nel campo della cooperazione l’Italia può essere presa a modello?
Assolutamente sì. Ci sono settori in cui siamo all’avanguardia, come ad esempio quello della tutela e promozione del patrimonio culturale: quando nella cooperazione si parla di formazione di operatori culturali, attività di restauro, creazione di microimprese nei paesi in via di sviluppo, il riferimento naturale è l’Italia. Un’altra area di intervento in cui abbiamo realizzato dei progetti importanti è quella delle tematiche di genere; qui abbiamo raggiunto risultati significativi in Paesi come l’Afghanistan o i Territori Palestinesi e probabilmente nel prossimo futuro interverremo anche in Somalia. La nostra azione è volta a garantire l’assistenza legale, psicologica e sanitaria alle donne e alle ragazze, ma cerchiamo di avere un impatto anche sul contesto sociale con campagne contro la violenza e in favore dell’empowerment femminile. Poi c’è il settore dei minori, in cui abbiamo progetti molto significativi come quello, ormai quasi in fase di chiusura, contro lo sfruttamento sessuale in Cambogia, nelle aree al confine con il Vietnam, il Laos e la Thailandia. Abbiamo poi realizzato importanti iniziative in America centrale sui problemi dei bambini di strada, della criminalità giovanile, dell’esclusione sociale. Abbiamo una tradizione consolidata nel settore socio-sanitario, quindi anche per la salute materna e infantile. E questo sia con la gestione diretta, sia sostenendo progetti d’intesa con le organizzazioni non governative. Proprio sul settore socio-sanitario si è incentrata la partecipazione della Dgcs al Forum Pa con una serie di seminari volti a illustrare le attività della direzione generale, spesso realizzate anche con altri partner, in progetti molto importanti quali la lotta alle pandemie, la salute materno-infantile o la lotta al tumore al seno, ad esempio in Nord Africa. La Cooperazione si muove anche per lo sviluppo locale, il sostegno alla piccola e media impresa, le infrastrutture, ma con le scarse risorse attuali ci siamo concentrati su settori che chiamiamo di sviluppo umano: quindi servizi sociali, protezione dei settori più deboli, aspetti formativi. In alcuni paesi c’è sempre più, soprattutto in ambito Ue, l’abitudine di ripartirsi i compiti: ogni donatore ha un certo settore e in quel settore ha un ruolo guida. La Cooperazione italiana ha sicuramente un ruolo guida sul gender e sul settore socio-sanitario”.


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