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Data: 31/01/2014

Non sfugge, dunque, l’eminente “impatto politico” di tale indicazione: soprattutto in questa lunga stagione di crisi economica e di crisi sociale – si potrebbe aggiungere: crisi civile e crisi di valori – rimettere in moto occasioni e strumenti, risorse e pratiche, attorno a cui coinvolgere giovani e volontari, amministrazioni pubbliche ed organizzazioni sociali, su un’idea “altra” rispetto a quella corrente di proiezione internazionale e di solidarietà sociale e una modalità differente di impegno all’estero e di difesa e sicurezza in contesti critici e conflittuali, è certo circostanza non da poco, da non disperdere e da mettere a valore. Non meno significativo il concorso delle circostanze: specie in relazione alla “riforma dello strumento militare” e più recentemente alla riflessione sulla “riforma del sistema della cooperazione internazionale allo sviluppo” del nostro Paese.
Il Consiglio dei Ministri, infatti, ha appena approvato in via definitiva i due decreti legislativi attuativi della legge delega per la revisione dello strumento militare elaborati dall’ufficio legislativo dopo i pareri espressi dalle Commissioni Difesa. Sono stati adottati appena lo scorso 10 Gennaio, i due decreti: rispettivamente sugli assetti ordinamentali e sulla ri-organizzazione del personale (militare e civile) in attuazione della legge delega per la “riforma” dello strumento militare (legge delega 244/2012). Non si tratta solo di accorpamenti e cambiamenti di nome ma di provvedimenti con implicazioni significative, soprattutto in termini di ri-funzionalizzazione del sistema-difesa, di ridefinizione dei rapporti di potere all’interno del sistema e di tagli di posti di lavoro per il personale civile. Il tutto, peraltro, mentre si incentivano operazioni di marketing del sistema della difesa militare (come quella denominata “Sistema Paese in Movimento” del Gruppo Navale Cavour) e si prosegue con il potenziamento dei sistemi d’arma (come nel caso dell’acquisto dei caccia F35), le missioni militari all’estero e le operazioni militari variamente mascherate e profondamente condizionanti.
A sua volta, la legge delega prevede ca. 10 mila esuberi di lavoratori civili e ca. 20 mila esuberi di militari, che avranno però trattamenti diversi: per i primi è previsto un piano di pensionamenti che, ove insufficienti, vedrà di conseguenza la messa in mobilità, per i secondi è pronto il transito nei ruoli civili della Difesa. In altri termini, da una parte si garantisce ai militari il reimpiego e la salvaguardia del posto di lavoro e del livello stipendiale, dall’altra non ci si preoccupa del futuro dei lavoratori civili, senza contare le differenze di retribuzione che si verranno a determinare tra lavoratori e lavoratrici che svolgeranno le medesime mansioni.

Non meno importante l’altra circostanza, quella relativa alla presentazione in Consiglio dei Ministri, il 24 Gennaio, della proposta di legge di riforma del sistema della cooperazione, con la revisione della legge 49/1987. Molte le ombre e le preoccupazioni, anche in questo scenario. La creazione di un viceministro con delega ad hoc presente in Consiglio dei Ministri sui temi della cooperazione internazionale allo sviluppo e la nascita di un’Agenzia centrale, pubblica e trasparente, per la gestione dei fondi e la valutazione dei progetti corrispondono a due richieste storiche del mondo della cooperazione. Ma non bastano a colmare le criticità.
Si registra ancora la mancanza di un Fondo Unico che unifichi tutte le risorse della cooperazione e, peggio ancora, l’ingresso del mondo profit nel settore-cooperazione, con possibilità per le imprese di accedere a crediti agevolati per investimenti a scopo di lucro nei Paesi in via di sviluppo, determinando una pericolosa commistione tra cooperazione e internazionalizzazione. Il rischio, anche in questo caso, di “privatizzazione dello sviluppo” è più che mai aperto e non può non interrogare anche la sinergia tra lavoro di “pace” ed azione di “sviluppo”.

Ecco dunque lo sfondo della terza ragione: dare continuità, non solo funzionale, ma anche istituzionale, alle azioni non-governative di pace realizzate da contingenti di Corpi Civili di Pace, attraverso una legge istitutiva ad hoc, della quale è stato dato l’annuncio della presentazione alla Camera il 23 Gennaio, sempre su iniziativa di un novero di esponenti dell’inter-gruppo dei “Parlamentari per la Pace”. Anche in questo senso, il dibattito è in corso: si tratta di sviluppare un testo condiviso e recepire i “luoghi” propri dell’impostazione dei Corpi Civili di Pace che le reti e le organizzazioni hanno già messo a fuoco, a partire dal principio per cui tale strumento, eminentemente di società civile, conservi autonomia dal “vincolo di mandato” governativo.


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