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Data: 22/02/2016

Nonostante i notevoli sforzi fatti per garantire che il quadro post-2015 avesse una ownership universale (vedi le consultazioni con cittadini, società civile, settore privato, agenzie internazionali e governi) resta il rischio che gli SDGs siano universale nel nome ma non nei fatti.

Cosa fare a livello nazionale

Anche nel cosiddetto Nord del mondo, nonostante ci siano potenzialmente le risorse per avanzare verso gli SDGs, in molti temono che anche qui ci saranno grossi problemi. La prima sfida in questi paesi, inclusa l’Italia, è riuscire a far uscire questi temi dalle segrete stanze dei Ministeri degli Esteri, che storicamente hanno avuto in mano questi processi compresa la negoziazione dell’Agenda 2030. A livello nazionale servono meccanismi e piani attuativi precisi che coinvolgano tutte le strutture statuali competenti nelle decine di tematiche affrontate dagli SDGs.
Serve aumentare la consapevolezza sull’agenda post-2015 il più rapidamente possibile a tutti i livelli. Dal governo ai ministeri, dal parlamento alle regioni, dal settore privato alla società civile, senza dimenticare l’opinione pubblica in generale.

I paesi più virtuosi hanno già consultato gli stakeholders nazionali e approvato piani di attuazione oltre che stabilito gli indicatori annuali da monitorare.


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